Soberana y Militar Orden
Hospitalaria de San Juan de
Jerusalén de Rodas y de Malta

Piranesi e l’Ordine di Malta

BREVE STORIA DELLA CHIESA

Il recente intervento di restauro è stato sostenuto generosamente dalla Fondazione Roma e dal Gran Priorato di Roma.

La chiesa di Santa Maria in Aventino è una delle chiese più antiche di Roma. Nel X secolo, Alberico II donò il territorio dove sorge oggi la Villa e la chiesa all’abate Odone di Cluny affinché diffondesse la regola cluniacense, fondando un monastero benedettino fortificato. All’epoca era una delle chiese più importanti di Roma: annoverata al terzo posto tra le venti abbazie più belle. Il territorio passò all’Ordine dei Templari e, dopo il loro scioglimento nel 1312, all’Ordine degli Ospedalieri – l’attuale Ordine di Malta – che vi stabilì il proprio Priorato nel 1566. La chiesa è tuttora utilizzata come luogo di culto, ad esempio per la festa di San Giovanni Battista, Patrono dell’Ordine di Malta, che si festeggia ogni 24 giugno, rendendo perenne una presenza spirituale sul colle Aventino dal X secolo fino ad oggi.

PIRANESI, L’ARTISTA E LE SUE OPERE

La chiesa come si presenta oggi è il frutto di significativi lavori di ristrutturazione realizzati dall’architetto Giovanni Battista Piranesi nella seconda metà del secolo XVIII. Piranesi nasce nel 1720 a Venezia. Segue da giovane una formazione in disegno, incisione e architettura presso l’atelier dello zio, Matteo Lucchesi, anche lui architetto amante dei modelli antichi di Vitruvio. Piranesi dimostra presto un grande talento e desiderio di proseguire nella via artistica. Si reca a Roma nel 1740 all’età di vent’anni per completare la sua formazione. Sin d’allora si appassiona allo studio dei siti antichi di Roma, Paestum, Pompei (scavi inaugurati nel 1748) ed Ercolano (scavi aperti dal 1738 al 1765), disegnando instancabilmente le vestigia archeologiche appena scoperte. Dopo qualche anno di riflessione, nel 1747 sceglie di stabilirsi definitivamente a Roma aprendo una bottega in Via del Corso, e specializzandosi nella realizzazione e vendita di disegni e incisioni della Roma antica. Nobili e artisti affluiscono in questo periodo nella città eterna per realizzare il famoso Grand Tour e, al termine del loro viaggio, comprano come ricordo le incisioni dell’artista. Negli anni successivi al 1760, Piranesi è dunque riconosciuto come disegnatore, incisore, archeologo, teorico dell’arte, editore e mercante di incisioni, ma non come architetto. In seguito, raggiunge una discreta notorietà grazie a due opere: Le Antichità romane dei tempi della Repubblica e dei primi Imperatori, pubblicata nel 1748 e Trattato della magnificenza ed architettura dei Romani, pubblicata nel 1761, nelle quali manifesta il pensiero più compiuto delle sue teorie artistiche. Piranesi rifiuta lo stile neoclassico che nasce e predomina in Europa  [1]. Usare i soli canoni grechi in architettura rende l’insieme monotono e troppo sobrio. Rivendica sia le ispirazioni greche sia quelle romane, più ricche e fantasiose, perché eredi delle influenze egizie ed etrusche. A partire da questo momento, Piranesi avrà a cuore l’idea di proporre un nuovo linguaggio architettonico, suggestivo, ben diverso da quello seguito dai suoi contemporanei.

UNA FAMGILIA DI MECENATI: I REZZONICO

Nel 1761, Piranesi dedica il suo Trattato al papa Clemente XIII Rezzonico, eletto al soglio pontificio nel 1758 e membro di una delle più importante famiglie nobiliari originaria di Venezia. Clemente XIII e i suoi nipoti furono i principali datori di lavoro dell’artista, permettendogli di esprimersi a livello architetturale [2]. Fu il cardinale e nipote del papa, Giovanni Battista Rezzonico, nominato Gran Priore dell’Ordine di Malta nel 1763 all’età di 23 anni, a chiedere il “rinfresco” della chiesa, lasciata parzialmente in abbandono negli ultimi anni. I lavori iniziarono nel mese di ottobre 1764 e finirono il 30 novembre 1766. Si tratta dell’unica opera architettonica portata a termine dall’artista.

UN INNO SIMBOLICO IN ONORE DEI REZZONICO, DELL’ ORDINE DI MALTA E DELL’ANTICHITA’

Piranesi e i Rezzonico

Molti elementi apparentemente insoliti evocano il legame molto stretto di Piranesi con la famiglia “della Torre di Rezzonico”.

Nel luogo più sacro della chiesa, subito sopra l’altare nell’abside è riportato lo stemma gentilizio della famiglia Rezzonico. Lì si osservano due torri sormontate da un’aquila bicipite incoronata, due elementi iconografici che si ritrovano in maniera ricorrente sui capitelli finemente scolpiti della facciata (inquadrate dalle sfingi egiziane) e del coro interno, così come chiave di volta di ciascuna nicchia e sul portone principale d’ingresso della Villa.

Una camera funeraria in onore delle grandi figure dell’Ordine di Malta.

Secondo aspetto importante fu la volontà dell’artista di realizzare una vera e propria camera funeraria in onore dei Gran Priori e Gran Maestri dell’Ordine di Malta, mescolando abilmente un’iconografia funeraria propria del mondo egiziano, etrusco e romano. All’esterno come all’interno della chiesa e nella piazza, Piranesi ha preferito l’uso dello stucco bianco [3] (sopraelevato con un po’ di ocra, colore ritrovato durante l’ultima pulizia della chiesa), ai marmi colorati e alle dorature generalmente utilizzate nelle chiese barocche, dando all’insieme un tono funerario molto solenne. Questo aspetto è rafforzato dall’allestimento nelle nicchie della nave dei sepolcri medioevali, rinascimentali oppure barocchi che erano posti prima in un cimitero adiacente la chiesa (oggi scomparso). Sono i sepolcri dei Gran Priori e Gran Maestri dell’Ordine [4] che riposano sotto i volti benevoli dei dodici apostoli rappresentati sopra il cornicione nei medaglioni legati tra loro da ghirlande di alloro, simbolo della vittoria sui nemici della fede. Si nota anche la tomba del Piranesi nella seconda nicchia di destra [5]. L’aspetto funerario si esprime anche attraverso raffigurazioni fortemente simboliche, poco comuni in una chiesa tradizionale, come il sarcofago mortuario (visibile sopra la porta d’ingresso della chiesa e come pietra d’altare) e il serpente [6], la cui immagine è ricorrente sia sulla facciata, sia sul portone d’ingresso, sia come ornamento nelle nicchie della nave, di pari passo con il cranio (immagine della vanità, della morte, della vana gloria) e le torce a testa in giù (segno di morte nella cultura antica romana, così come per gli addetti del culto di Mitra).

Il passato religioso e militare dell’Ordine di Malta, riflesso del passato religioso e militare della Roma antica

 Piranesi mette anche in risalto tre figure religiose legate alla storia dell’Ordine di Malta, la Vergine Maria, San Giovanni Battista (Patrono dell’Ordine di Malta) e San Basilio, raffigurati tutti e tre sull’altare maggiore della chiesa (disegnato da Piranesi e realizzato da Tommaso Righi). L’altare rappresenta l’apoteosi di San Basilio: si vedono angioletti che innalzano il santo dalla terra al cielo. In primo piano la Vergine Maria – alla quale la chiesa è dedicata [7] – rappresentata in un medaglione con il Bambino Gesù e San Giovanni Battista. L’aspetto generale dell’altare è lontano dai canoni neoclassici. Grazie alla presenza di una finestra dietro l’altare sembra che il santo in apoteosi sia davvero trasportato tra le nuvole dalla luce proveniente da dietro, con un grande effetto teatrale proprio del barocco. La figura di san Basilio sul globo terrestre ricorda l’immensa carità di questo santo diffusa in tutto il mondo [8], a simboleggiare la carità dell’Ordine di Malta.

Le imprese militari e navali dell’Ordine di Malta sono riportate simbolicamente nella piazza, sulla facciata e nella volta della chiesa attraverso l’immagine del tropaeum militare romano (trofeo di armature, lance e scudi militari). Nella piazza, concepita come uno spazio chiuso autonomo, alle cui pareti si alternano fastigi di pace e guerra impressi nel marmo e nello stucco, Piranesi non esita ad aggiungere alla retorica guerriera il repertorio etrusco romano a lui caro come la lira, il cammeo, la cornucopia, il serpente e l’ala d’uccello. Sul frontone della chiesa, un secondo trofeo di antichi scudi mette in rilievo la stola dei cavalieri professi dell’Ordine e la croce ottagona, simbolo delle otto beatitudini. Due altri trofei militari inquadrano la porta d’ingresso della chiesa, evocando le numerose vittorie dell’Ordine sul mondo ottomano simboleggiato da due mezze lune incatenate. L’ultimo trofeo in bassorilievo è stato riportato sulla volta della chiesa: alla sua base, il labaro – bandiera militare – cristianizzato da Piranesi con la figura di San Giovanni Battista. Sopra, due rostri antichi, ricordo delle imprese militari dell’Ordine nel mare Mediterraneo nella difesa della Cristianità, simboleggiata dalla croce latina raggiante inscritta nel triangolo della santa Trinità. Il trofeo si conclude con la tunica di umiltà vestita dagli Ospedalieri in Terra Santa – al posto dell’armatura rappresentata tradizionalmente sui trofei romani – e con le chiavi di San Pietro insieme alla tiara pontificia, segno del legame intrinseco dell’Ordine di Malta alla Santa Sede.

L’immagine degli scudi, onnipresente nei decori di Piranesi, ricorda che l’Ordine di Malta nacque in Terra Santa non come un ordine militare offensivo ma difensivo, come ricordato nel suo motto ancora vivo: Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum (la difesa della fede e l’assistenza ai più deboli).  Il ricordo dei trofei militari è anche un modo per Piranesi di rendere sempre più vivo l’antico Armilustrium, scoperto da scavi archeologici realizzati sull’attuale piazza, poco prima della ristrutturazione del Priorato. Gli antichi romani organizzavano tradizionalmente su questa parte dell’Aventino processioni e cerimonie di purificazione delle loro armi ogni 19 ottobre in onore del dio Marte, chiudendo così l’attività militare per l’inverno fino alla primavera dell’anno seguente. Come gli antichi romani, i cavalieri di Malta sono invitati allo stesso modo a depositare le loro armi sulla piazza prima d’entrare e pregare nella loro chiesa.

La chiesa di Santa Maria in Aventino presenta dunque una retorica iconografica originale e unica, che non conosce altro esempio nella storia dell’arte. Piranesi propone un linguaggio erede degli ultimi fuochi dell’arte barocca a Roma e sostiene (in parte) l’arte neoclassica appena nata in Europa (con il ritorno alle forme antiche pulite). Con la sua fantasia nel disegno e le sue famose incisioni, annuncia anche il romanticismo europeo degli inizi del XIX secolo, con quella volontà quasi tragica di reagire alla decadenza dell’oblio. Pochissimi furono gli artisti che accolsero con entusiasmo l’architettura della chiesa, giudicata poco coerente, non armoniosa e troppo fantasiosa, anzi prodotta dalla “testa di un matto, che non à [sic!] nessun fondamento”. Nonostante i suoi detrattori, l’originalità suggestiva dell’arte di Piranesi ebbe un certo successo in Europea, influenzando alcuni artisti che riutilizzarono il suo linguaggio utopico, come John Soane e Robert Adam in Inghilterra, Étienne-Louis Boullée e Claude-Nicolas Ledoux in Francia oppure ancora Friedrich Gilly e Karl Friedrich Schinkel in Germania.

[1] Queste erano le idee del Winckelmann che considerava i Greci superiori e giudicava l’arte romana in architettura solamente imitativa.

[2] I Rezzonico affidarono a Piranesi il progetto di ristrutturazione dell’abside e dell’altare della basilica di San Giovanni in Laterano nel 1763 (disegnato ma mai realizzato, che servirà da modello per l’altare della chiesa del Priorato dell’Ordine di Malta), il progetto della chiesa di Santa Maria in Aventino nel 1764, il restauro degli appartamenti pontifici a Castel Gandolfo, al Quirinale e al Campidoglio.

[3] Sul modello delle chiese costruite dal suo predecessore Francesco Borromini (1599-1667), di cui Piranesi era un grande ammiratore. Ricorderemo qui le chiese romane di San Carlo alle Quattro Fontane, di Sant’Ivo alla Sapienza e della Cappella dei Magi (Palazzo della Propaganda Fides), chiese nelle quali la tonalità bianca predominante, la forma particolare dell’incrocio delle volte, gli ornamenti floreali e i capitelli sempre finemente scolpiti hanno fortemente ispirato Piranesi. Possiamo anche andare più a fondo nel paragone ricordando che per realizzare la famosa prospettiva dal buco della serratura sulla cupola di San Pietro, Piranesi piantò una serie di piante di alloro allo scopo di realizzare un’illusione d’ottica sullo stesso modello dell’illusione borrominiana a Palazzo Spada.

[4] I Gran Priori furono sepolti nel Priorato dalla fine del secolo XIV. Tre Gran Maestri del secolo XX sono attualmente sepolti nella cripta sotto l’altare.

[5] Piranesi morì di febbre a Roma il 7 Novembre 1778, dopo un lungo viaggio a Paestum. La sua salma fu inizialmente sepolta nella chiesa di San Andrea delle Fratte, e poi trasferita nella chiesa all’Aventino su richiesta del Gran Priore Rezzonico. La statua che lo rappresenta fu realizzata dallo scultore Giuseppe Angelini. Piranesi vi è ritratto vestito “all’antica”, con in mano gli strumenti di lavoro e il disegno preparatorio della sua ultima pubblicazione, le incisioni dei tempi greci di Paestum.

[6] Il serpente nel mondo antico non ha il significativo negativo che gli attribuì la chiesa cattolica. Per gli egiziani, il serpente è l’animale che porge l’enigma al Faraone morente per superare le porte della morte. Per gli etruschi, il serpente è sinonimo di forza positiva e d’immortalità, legato alla morte e all’al di là, idea ripresa dopo dai Romani che collegarono la sua immagine alla dea Giunone per la quale fu elevato un tempio vicino sull’Aventino. Per cui il colle Aventino nell’antichità prese anche il nome di Mons serpentarius (colle dei serpenti). Il serpente infine è collegato al dio della medicina Esculapio, allusione alla vocazione ospedaliera e medica dell’Ordine di Malta.

[7] La chiesa del Priorato fu successivamente e alternativamente consacrata alla Madonna (perché eretta nel luogo dove vene rinvenuta un’icona della Madonna) e a San Basilio. Dal 1880, la chiesa è definitivamente nominata Santa Maria in Aventino.

[8] San Basilio (329-379), padre della Chiesa e vescovo di Cappadocia è famoso per aver investito tutto il patrimonio della sua famiglia benestante nella costruzione di ospizi e ospedali per l’accoglienza e la cura dei più bisognosi in Turchia, in un secolo durante il quale l’assistenza sanitaria e sociale pubblica non esisteva. Fu sin dall’inizio considerato come il precursore della missione degli Ospedalieri in Terra Santa. Si ricorda anche che la prima sede priorale dell’Ordine a Roma (Casa dei Cavalieri di Rodi sui Fori imperiali) era attigua a un monastero basiliano oggi scomparso.